Di un film come PROMISED LAND, che nasce da una gestazione lunga e laboriosa, conta molto di più il coraggio, l'energia e anche l'apertura di una visione che gli eventuali difetti dei dettagli. PROMISED LAND era nato da un incontro autobiografico del ticinese tranquillo e competente, per lungo tempo responsabile di una sezione del Festival di Locarno, autore di un lontano BELLA? con un personaggio fuori dalle norme quanto ben radicato nel mito: un ex bimbo prodigio hollywoodiano ormai ridotto ad icona itinerante. Incerti nei confronti dell'instabilità vagante di un personaggio marginale del genere, Beltrami e compagni hanno deciso ad un certo punto di farne a meno, perlomeno in carne ed ossa. E di sostituire l'elemento portante dell'idea e della pellicola con un attore professionista.

Decisione probabilmente saggia dal punto di vista produttivo; meno, per la carica sanguigna della visione del mondo di cui il film voleva farsi portatore. Poichè, da quel momento, tutto si normalizza: come lo sguardo che lo spettatore finisce per porre sul film. Con le sue comprensibili incertezze, nella direzione e nella scelta degli attori, nel taglio del montaggio e sopratutto nel timing delle singole sequenze; nel rigore di una costruzione a puzzle che soffre delle molte seduzioni offerta da una situazione (alla quale guardiamo ormai con diffidenza) come quella della road - movie.

Ma PROMISED LAND offre pure, con grande generosità, la radice che è alla base dei propri difetti. Di un progetto, di un modo tutto europeo d avvicinarsi ad una realtà, che non può farci riandare ai PARIS TEXAS dell'epoca. Di un'esperienza condivisa che finsce per vivere dello stesso entusiasmo un pò naif che anima il suo protagonista.